La tana del Bianconiglio

La mia foto
Palermo e Spinea , Sicilia e Venezie , Italy
Realizzo illustrazioni con matite acquerellabili e/o acquerelli.I protagonisti principali dei miei lavori sono creature grottesche, mostruose, deformi, freaks. Rappresento lo zero,ossia il caos dal quale tutto ha inizio e nel quale tutto ritorna. Sono in grado di assumere qualsiasi identità,e al tempo stesso non ne ho nessuna: sono il principio e la fine. Io sono quanto esiste prima e dopo il concepimento,sono il movimento che si protrae all'infinito. Sono il simbolo dell'anticonformismo,rappresento le situazioni imprevedibili.Posso portare occasione negative o positive:posso essere l'ispirazione geniale o il colpo di testa che fa precipitare nel baratro. Posso trovarmi nella parte iniziale dove tutto è possibile nel bene o nel male. Posso trovarmi alla fine di un percorso e tutto ciò che mi precede può mutare.

venerdì 13 aprile 2012

Cent'anni di solitudine

...Verso mezzanotte, Pietro Crespi si accomiatò con un discorsetto sentimentale e promise di tornare molto presto. Rebeca lo accompagnò fino alla porta, e dopo aver chiuso la casa e spento le lampade, andò nella sua stanza a piangere.
Fu un pianto inconsolabile che si protrasse per diversi giorni...
non era strano il suo ermetismo.
Anche se sembrava espansiva e cordiale, aveva un carattere solitario e un cuore impenetrabile.
...nessuno aveva mai scoperto che, nonostante la sua età, conservava l'abitudine di succhiarsi il dito. Perciò non perdeva l'occasione per chiudersi nel bagno, e aveva preso l'abitudine a dormire con la faccia rivolta contro il muro. Nei pomeriggi di pioggia, ricamando con un gruppo di amiche nel porticato delle begonie, perdeva il filo della conversazione e una lacrima di nostalgia le salava il palato quando vedeva i filoni di terra umida e i monticelli di fango costruiti dai lombrichi nel giardino.
Quei gusti segreti, sconfitti in altri tempi dalle arance col rabarbaro, esplosero in una bramosia irreprimibile quando cominciò a piangere. 
Riprese a mangiare terra.
La prima volta lo fece quasi per curiosità, certa che il cattivo sapore sarebbe stato il rimedio migliore contro la tentazione. 
E in effetti non poté sopportare la terra in bocca.
Ma insistette, vinta dall'ansia crescente, e a poco a poco cominciò a ricuperare l'appetito ancestrale, il gusto dei minerali primari, la soddisfazione senza strascichi dell'alimentazione originale.
Si metteva manciate di terra nelle tasche, e la mangiava a granelli senza essere vista, con un confuso sentimento di felicità e di rabbia, mentre insegnava alle sue amiche i punti più difficili e parlava di altri uomini che non meritavano il sacrificio che si mangiasse per loro il calcinaccio dei muri.
le manciate di terra rendevano meno remoto e più reale l'unico uomo che meritava quella degradazione, come se il suolo che egli calpestava coi fini stivaletti di vernice in un altro luogo del mondo trasmettesse a lei il peso e la temperatura del suo sangue in un sapore minerale che lasciava un bruciore aspro in bocca e un sedimento di pace nel cuore...
Da Cent'anni di solitudine - Gabriel G.Marquez

giovedì 12 aprile 2012

Il genio e la disperazione degli Artisti

Per studiare il rapporto tra la depressione e pittura è necessaria una profonda trasformazione dei criteri tradizionali: infatti, il problema coinvolge solo alcuni grandi geni, ma anche un gran numero di uomini eccezionali.
Gli scrittori e gli artisti sono soggetti alla depressione, con necessità di trattamento, in una proporzione 35 volte superiore alla media generale della popolazione.

Parliamo di Lev Nicolàevic Tolstoj(9 Settembre 1828-20 Novembre 1910)

A titolo di esempio per il profondo cambiamento da lui sofferto a causa di uno stato depressivo,
questo grande romanziere russo soffrì, infatti, all'età di cinquant'anni, di una malattia depressiva che trasformò completamente il suo comportamento, convertendolo in un difensore della non-violenza e della povertà volontaria. Sua moglie non apprezzò molto questo mutamento nella vita del marito e scoppiò fra i due una vera e propria crisi matrimoniale...

Parliamo di Ernest Hemingway(21 Luglio 1899-2 Luglio 1961)

La sua depressione associata all'alcoldipendenza prese la forma di una modalità di depressione paranoide, in cui erano combinati una forte tendenza al suicidio e il proposito di nasconderne o di dissimularne i sintomi. E proprio questo accadde quando il giorno seguente Hemingway, dimesso dalla Clinica Mayo degli stati Uniti, si suicidò con un'arma da fuoco.

Parliamo di Jean Genet( 19 Dicembre 1910-15 Aprile 1986)

Genet non era semplicemente una persona che trasgrediva le regole: egli costruiva il suo mondo personale sulla trasgressione; conduceva una vita miserabile, tra il vagabondaggio e la prigione, sognando sempre un mondo intriso di bellezza e di eroismo.
La sue fantasie e fantasticherie lirico-sentimentali si incarnavano in alcuni personaggi letterari, che erano in grado si convertire le cose più odiose e ripugnanti in cose belle e affascinanti; queste sue figure letterarie erano, per lui, l'unica compagnia disponibile.
L'isolamento, infatti, fu una caratteristica fondamentale della sua vita; a volte la sua natura solitaria lo faceva sentire come un bambino abbandonato dalla famiglia e dalla patria; i suoi contatti sessuali effimeri, impersonali e promiscui gli permettevano di mantenersi in una situazione di completa solitudine, tanto che lo si può considerare come il massimo emblema degli scrittori più soli e solitari di tutti i tempi: era una persona isolata, sia da un punto di vista fisico, sia morale, sia nella scelta delle norme di vita. 
Per lui il partner omosessuale non esisteva come tale, ma solo come organo sessuale.
Egli si costruì un "anitomondo", che lottava contro tutti e tutto, in cui cercò di glorificare l'omicidio, il crimine e l'obbrobrio.
Egli addirittura ammirava i nazisti che avevano invaso Parigi, perché univano alla loro forza e alla loro gradevole presenza fisica una raffinata tecnica di tortura.

Parliamo di Emil Cioran (8 Aprile 1911-21 Giugno 1995)

Emil Cioran, scrittore rumeno che abitualmente risiedeva in Francia è diventato famoso perché i suoi libri hanno aperto la strada alla teorizzazione del suicidio.
Cioran incarnava l'apologia del suicidio: infatti, egli lo presentava come un atto di forza e di coraggio; potremmo quasi dire che questo scrittore sia diventato il grande predicatore del suicidio metafisico-logico, senza mai condannarlo come agito pulsione, istintuale.
Cioran si presentava come un veterano del dolore, della disperazione e del suicidio; infatti, egli continuò a rimandare di giorno in giorno il momento della sua morte.
L'affermazione: "La più grande impresa della mia vita è di essere ancora vivo" implica quanto meno una profonda contraddizione, visto che, la sua logica di pensiero, implicava che essere rimasto in vita fosse in realtà un completo fallimento, aggravato dal senso di colpa dovuto alla sua responsabilità nei confronti degli altri. Cioran sosteneva che la difficoltà nel commettere tale atto era dovuta all'azione combinata di due fattori: l'abitudine alla vita e l'attrazione verso alcuni piccoli piaceri della vita.
Il suo desiderio di uccidersi derivava da molteplici fattori: disturbi digestivi, insonnia, fallimento, successo, avversità e problemi con le donne. Alla minaccia di una qualche malattia reagiva cadendo a priori nello sconforto, quasi a voler evitare di essere sorpreso da qualcosa di peggiore.
La quantità di motivi addotti da Cioran per giustificare il suicidio si possono riassumere nell'errore di essere nato; è questo il nocciolo della questione. Essendo la nascita qualcosa di irreparabile, la tralasciava e si occupava della morte.

Parliamo di Mariano Josè de Larra ( 24 Marzo 1809-13 Febbraio 1837)
 
La Spagna pianse molto Mariano Josè de Larra, suicidatosi una notte d'inverno. 
Il suo pseudomino era Figaro ed era un grande giornalista e uno scrittore di grande successo.
Il giorno fatale lo scrittore ricevette la visita di Dolores Armijo, la donna che amava, la quale si recò all'appuntamento con un'amica, testimone di tutti i fatti.
L'incontro fu breve: Dolores lo rifiutava per sempre e voleva che le fossero restituite le sue  lettere; le due non fecero in tempo ad arrivare in fondo alla strada che Larra si tolse la vita con un colpo di pistola.
La frustrazione amorosa può essere stata la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso colmo di disgrazie di Larra, spirito appassionato e impulsivo.
Sposatosi a vent'anni, unione da cui nacquero tre figli, si trovò ad affrontare una situazione finanziaria precaria che lo costrinse a dedicarsi in modo smisurato a varie attività letterarie, come traduzione, poesie, romanzi, teatro e giornalismo.
A ventitré anni lo scrittore iniziò una relazione con una donna sposta, Dolores Armijo, e un anno dopo si separò dalla moglie. Negli ultimi quattro anni della sua vita, ottenne importanti successi letterari e giornalistici e intraprese la carriera politica, che lo condusse peraltro a crearsi molti nemici.
Il suicidio di Larra è considerato come una conseguenza quasi impulsiva per il rifiuto da parte della donna di continuare la loro relazione, eppure altri fattori della vita di Larra rinforzano la sua decisione: accusato di mancanza di patriottismo, considerato un traditore, che si vendeva all'opposizione per denaro e la sua condizione psichica precaria.

Parliamo di Heinrich von Kleist ( 18 Ottobre 1777- 21 Novembre 1811)

Il suicidio del poeta e romanziere tedesco è uno dei più commoventi e tragici che si conoscano.
Quando Kleist morì, era conosciuto solo in Germania, la sua patria, dove non gli si attribuiva una grande  importanza; lo si considerava anzi uno scrittore volgare.
Kleist è stato riscoperto come un grande scrittore cent'anni dopo la sua morte; oggi, è considerato uno dei migliori scrittori tedeschi di racconti di tutti i tempi, un grande poeta tragico e un drammaturgo insuperabile.
Suo padre, militare nell'esercito prussiano, morì quando il ragazzo aveva dieci anni e sua madre cinque anni dopo. Tre anni più tardi, quando aveva diciotto anni, si suicidò suo cugino, che era il suo amico prediletto.
La sua breve vita, si suicidò infatti a treantaquattro anni, fu caratterizzata dalla miseria: fu costretto anche a fare l'apprendista falegname. Cercò appoggio presso i fratelli, ma non ottenne aiuto; non servirono neppure le attenzioni rivolte alle personalità eminenti della cultura e della politica di allora, né quelle rivolte al re in persona.
Heinrich fu una miserabile vittima del suo tempo, che non aveva risorse neppure per sopravvivere: la sua personalità era segnata da balbuzie che di solito scatenava negli altri grande ilarità; infine, non si è mai venuti a conoscenza di una relazione amorosa.
Soffocato fin dall'adolescenza da una sensazione di solitudine quotidiana, aveva il terrore di morire solo.
Ogni volta che pensava di uccidersi, decisione presa varie volte, proponeva agli amici e alle amiche di unirsi in questa determinazione, in un suicidio collettivo e simultaneo.
Arrivò il momento in cui una donna gli rispose affermativamente: Henriette Vogel, non desiderava altro che mettere fine immediatamente alla sua vita, essendo stata colpita da un cancro incurabile.
Ciò che causava in questo scrittore tedesco l'ansia di suicidio era la sua situazione cui si combinavano la solitudine causata dal sentirsi solo, e la solitudine dovuta al fatto di essere effettivamente solo, a cui si aggiungevano il rifiuto degli altri, la mancanza di risorse economiche, il fallimento letterario e la serie di umiliazioni ricevute sia come persona che come scrittore.
Henriette e il poeta di diressero in carrozza verso Postdam, in un luogo solitario.
Trascorsero l'ultima notte in una locanda, in due stanze vicine, dediti entrambi, ciascuno per conto proprio, a scrivere lettere d'addio.
All'alba andarono a passeggiare in riva al lago Wannsee; si fermarono a prendere un caffè.
La cornice romantica del lago e delle sue rive, con il tavolino e le due sedie all'aria aperta - era il mese di Novembre - si tinge di emozioni inquietanti se si considerano alcuni particolari come le due pistole che si trovavano nel cestino che lei portava al braccio, coperto da una tela bianca.
Heinrich con una pistola sparò a bruciapelo al cuore di Fru Vogle e con l'altra si sparò in bocca.

Parliamo di Arthur Koestler((Budapest, 5 settembre 1905 – Londra, 3 marzo 1983)
Altro caso di suicidio doppio quello di Arthur Koestler e moglie.
Koestler sviluppò l'idea del suicidio solitario, indotto da una malattia che si aggiungeva ad un morbo di Parkinson di cui già soffriva. Pensava di commetterlo da solo, perciò nel testamento sua moglie figurava  come la principale beneficiaria.
Poi lei si unì al marito perché seppe di avere anche lei un cancro terminale e approfittò delle circostanze visto che lui desiderava togliersi la vita nella loro stessa casa.

Parliamo di Gérard de Neval ( 28 Maggio 1808-25 Gennaio 1855)
Nel commentare il suicidio del  poeta francese non possiamo tralasciare la sua triste infanzia, caratterizzata dalla mancanza del focolare domestico e della tenerezza materna, visto che sua madre morì due anni dopo la sua nascita. 
Inoltre, la figura del padre era molto confusa, visto che era rappresentata da quattro persone: il padre legale, quello naturale( sconosciuto) e due padri adottivi.
A ventisei anni cominciò ad avere idee suicide; sette anni dopo, nel Febbraio del 1841, apparvero i primi sintomi psicotici. Nel 1852, si ripeté l'episodio psicotico, ma con la comparsa, questa volta, di percezioni deliranti e sintomi schizofrenici.
Poi, convinto che fosse giunta la fine del mondo, per il fatto di avere visto il sole nero e un globo rosso sangue, cercò ansiosamente un confessore, oppresso da un senso di colpa; in seguito si diresse verso la Senna, con l'intenzione di suicidarsi.
Passarono due anni, in cui lo scrittore visse una situazione di estrema miseria fisica e sociale, senza un domicilio fisso; nella notte del 25 Febbraio 1855 si impiccò con un laccio di un grembiule ad una tettoia, dopo aver tentato, inutilmente, di farsi aprire la porta di un alloggio per vagabondi lì intorno.
Chiudiamo il suo ritratto con queste commoventi parole di Gòmez de la Serna (scrittore e aforista spagnolo)   :" Se ne andò da queso mondo dicendo:perché ci sono arrivato"?  

lunedì 9 aprile 2012

Séraphine de Senlis

Vi parlo oggi di una grande artista francese: Sèraphine de Senlis.
Pittrice istintiva, appartenente al gruppo detto dei Primitivi Moderni, Sèraphine Louis nasce nel 1864 ad Arsy e muore nel manicomio di Clermont-de-l’Oise, nell’inverno del 1942, dopo una reclusione di dieci anni.
Nata da una famiglia di pastori e domestici, il suo talento fu scoperto nel 1912 dal collezionista d'arte Wilhelm Uhde (che ha scoperto Picasso e Braque).
Mentre risiedeva nella città dove viveva la pittrice, Senlis (Oise), Uhde vide una natura morta raffigurante mele nella casa dei vicini e rimase esterrefatto nel sapere che Louis, la sua donna delle pulizie, fosse un'artista.
Con il patrocinio di Uhde, Louis si impose come artista naïve del suo tempo.
I lavori di Séraphine sono costituiti prevalentemente da arrangiamenti floreali riccamente fantasiosi.
La sua carriera fu relativamente breve. Nel 1930, tre anni dopo la prima esibizione, Uhde smise di comprare i suoi dipinti a causa della Grande Depressione francese.
Séraphine fu ammessa nel reparto psichiatrico dell' ospedale di Clermont de l' Oise dove passa gli ultimi anni della sua vita.
La vita di questa pittrice è stata  omaggiata e ricordata dal regista Martin Provost che nel 2008 realizza il film intitolato "Séraphine".
È stato il film trionfatore dei Premi Cèsar 2009, con sette premi vinti, fra cui quello per il miglior film.
Questa è  la storia di una pittrice dimenticata; il ritratto di una donna che ha contrastato col colore i mostri che le crescevano dentro.
Una bellissima frase detta da una donna alla quale Sèraphine mostra una delle sue tele dice:
"Oh Sèraphine il vostri fiori sono strani, si muovono! 
Non so perché, ma mi fanno paura.
Sembra che le foglie siano ferite, tagliate col coltello, che coli del sangue"   
e Sèraphine risponde:
"Lo so Madame, anche io ogni volta che lo guardo ho paura di quello che ho fatto!"

 
Fleur (Fiori)









                        

Sèraphine
                                                     La locandina del film

 Film con: Yolande Moreau